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BYPASS E POLVERI : cronaca di una città sospesa

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Ci sono giornate, a Trento, in cui l’aria ha un sapore strano. Non è solo il caldo. È la polvere che si alza dai cantieri, che entra nei portoni, si posa sui balconi, si infila nei polmoni.

E poi ci sono altre polveri: quelle che si depositano sulle responsabilità, sui ruoli istituzionali, sul confine – sempre più confuso – tra controllore e controllato.


Negli ultimi giorni, le proteste dei cittadini di Trento Nord hanno fatto emergere un disagio reale: polveri sottili, visibili e invisibili, sollevate dai lavori del bypass ferroviario.

Cittadini che segnalano, documentano, chiedono. E un’Amministrazione comunale che risponde… ma a chi?


In una dichiarazione pubblica, il Sindaco ha giustificato l’assenza di bagnatura del terreno – misura basilare per contenere la dispersione delle polveri – con la presenza di “sospensioni” tra i lavoratori.

Non è chiaro chi abbia scritto quella dichiarazione, né con quale mandato. Ma è chiaro il messaggio: l’Amministrazione si schiera. Non con i residenti, non con i bambini che respirano quell’aria, non con chi da giorni documenta una situazione inaccettabile. Si schiera, implicitamente, con l’impresa.


Ma da quando il Comune fa da portavoce a una multinazionale?

Webuild è una delle più grandi aziende di costruzioni d’Europa. Ha risorse, tecnologie, contratti, uffici stampa. Ha appalti da miliardi.

I cittadini no. I cittadini hanno solo la voce, e la fatica di farsi ascoltare.


E allora vale la pena chiedere:

Chi parla, quando parla il Comune?

Chi difende chi?


Perché quello che sta accadendo in questi giorni è una piccola prova generale di ciò che ci aspetta domani.

Oggi la polvere si solleva da un tratto ancora relativamente semplice del cantiere. Ma tra poco si comincerà a scavare nei terreni contaminati dell’ex Sloi e Carbochimica, dove le polveri non saranno solo fastidiose, ma potenzialmente tossiche.


E allora: se oggi basta un disguido organizzativo per sospendere le minime tutele ambientali, cosa succederà quando la posta in gioco sarà molto più alta?


È urgente uscire dall’equivoco.

Il bypass ferroviario non è una proprietà privata, né un’opera calata dall’alto a cui la città si deve solo adattare.

È un’infrastruttura impattante, che attraversa quartieri, che tocca la salute pubblica, che riguarda il futuro di intere generazioni.

Un’opera di tale portata esige trasparenza, controllo pubblico, pianificazione attenta, informazione continua.

E soprattutto, esige che l’Amministrazione rappresenti la cittadinanza, non i cantieri.


Perché una città non è una servitù.

Non si può chiedere ai cittadini di accettare tutto in nome del “progresso”, se quel progresso non è condiviso, non è governato, non è reso sicuro.


La Rete dei Cittadini continuerà a chiedere, a documentare, a vigilare.

Non per ideologia, ma per senso civico.

Perché tra i doveri della cittadinanza attiva, il primo è quello di non abituarsi.

 
 
 

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